Non una conferenza, non un dibattito, ma un vero e proprio salotto di testimonianze: così è stato pensato e realizzato l’incontro “Noi abitiamo fuori casa”, che la Fondazione Dopo di Noi di Bologna ha organizzato all’interno del Festival ESSER3 di Ozzano dell’Emilia.
Nella Sala del Consiglio comunale, spazio carico di simboli e decisioni, si sono intrecciate voci e storie, grazie alla regia attenta del direttore Luca Marchi e della coordinatrice dei progetti educativi della Fondazione, Daniela Massabeti. Un contesto volutamente raccolto, per permettere alle famiglie di guardarsi negli occhi, ai figli di parlare in prima persona, e agli operatori di ascoltare senza sovrapporsi.
Le parole degli utenti
Tra le testimonianze, quella di Michela, inquilina dell’“appartamento delle ragazze Mazzini”, ha segnato un passaggio forte: non solo la fierezza di poter raccontare la propria quotidianità, ma il senso di appartenenza a un gruppo che è diventato casa e comunità. Da quella voce è emersa con chiarezza la dimensione più profonda del progetto: non solo un tetto, ma un tessuto di relazioni, amicizia e mutuo aiuto.
Famiglie e paure condivise
Molti genitori, spesso frenati da paure o vincoli che rendono difficile la scelta di “lasciare andare”, hanno trovato nello scambio una forma di sollievo. Paure di solitudine, di abbandono, di incapacità gestionale: tutte si sono trasformate, nel dialogo, in possibilità di risposta. Come se le parole pronunciate in quella sala avessero aperto spiragli di fiducia, restituendo la sensazione che non si è soli, né come famiglie né come persone con disabilità.
Restituire stati d’animo, non solo informazioni
Quello che è accaduto nel Municipio di Ozzano non è stato un semplice passaggio di informazioni, ma un atto di restituzione: emozioni, fragilità e conquiste hanno preso forma in voce e sguardo. Il salotto ha dimostrato che ogni progetto di vita ha bisogno non solo di regole e strutture, ma di narrazioni condivise che rafforzano la fiducia reciproca.
Un seme di futuro
Il valore di questo incontro sta nella sua capacità di aver messo al centro il cuore pulsante dei progetti residenziali: le relazioni tra inquilini, il loro crescere insieme, il sostegno reciproco che diventa competenza di vita. È qui che il “dopo di noi” assume concretezza: non nell’astrazione delle norme, ma nel quotidiano di chi abita, condivide, si prende cura dell’altro.